Pane arabo e archeologia lungo l'Eufrate
Racconto sospeso tra passato e presente della visita al sito archeologico di Doura Europos, in Siria, di Mauro Morelli - Inviato il 12 gennaio 2004 da Mauro Morelli.
Sito o fonte Web: xoomer.alice.it/maumorelli
Seduto sul pullman diretto al sito di Doura Europhos, guardo scorrere il paesaggio senza tempo fatto di pianure desertiche e sassose, movimentate qua e là da qualche brulla e bassa collina, da pochi anonimi villaggi di squallide piccole case e da campi coltivati sui terreni bagnati dal fiume che ha la forza di risvegliare miti della mia infanzia scolastica: l'Eufrate. L'Eufrate richiama inevitabilmente il Tigri e da qui la Mesopotamia con le sue antiche civiltà che hanno costituito i miei primi studi di storia. E il solo pensare che "ora ci sono" mi riempie di una intima anche se infantile soddisfazione.
Ci fermiamo nella piccola e moderna cittadina di Al’Ashara per acquistare di frutta e per la ormai consueta periodica bevuta di tè. Mentre gli altri si dedicano agli acquisti io, come è mio solito, approfitto della sosta per guardarmi intorno alla ricerca di soggetti e scene da fotografare. Accolgo quindi con entusiasmo la richiesta di una mamma di fotografare il suo bambino e soprattutto l'invito ad entrare nella sua casa.
Salgo al primo piano di una palazzina di recente costruzione: al termine della scala, in una specie di ingresso che funge da soggiorno comune, si aprono le porte di sei o sette grandi stanze, tutte desolatamente prive di mobilia ma con il pavimento interamente coperto da stuoie e tappeti: immagino che ogni stanza sia la camera da letto di ognuna delle diverse famiglie che vivono nell'appartamento. È mattina e gli uomini sono evidentemente al lavoro: ora ci sono solo donne, ragazze e tanti, tanti bambini che da ogni stanza accorrono a vedere lo straniero. Riesco a farli sedere tutti su un modesto divano del soggiorno per una foto di gruppo. Sono talmente in confusione che scatto dimenticando il flash. Le mamme e i figli più grandi ridono sommessamente divertiti e anche un po' intimiditi. Non sanno che io lo sono più di loro.
Lo stanzone di ingresso funge anche da cucina e infatti in un angolo vicino ad una porta finestra una donna sta affettando una grande quantità di melanzane. Un'altra mi fa capire a gesti che vorrebbe offrirmi una focaccia di pane: senza badare ai miei complimenti, tira fuori da una madia tre panetti di farina lavorata e lievitata e, dopo averli schiacciati, si accinge a metterli a cuocere su una rudimentale piastra di ferro sotto la quale è acceso un fuoco a gas.
Sempre più imbarazzato, ma attento a non offenderla, cerco di farle capire che non ho il tempo di aspettarne la cottura e ringraziandola, esco seguito da uno stuolo di bambini. Il tempo di scendere le scale, tornare in mezzo agli altri compagni di viaggio che hanno ormai terminato i loro acquisti e mi accorgo che mi fanno cenno che qualcuno mi sta chiamando dall'alto; alzo lo sguardo e ho la sorpresa di vedere le donne della casa che dal terrazzo mi invitano ridendo a preparare la mani perché mi stanno per gettare tre caldissime focacce di pane arabo appena cotte. continua "Pane arabo e archeologia lungo l'Eufrate"
(Pubblicato il 12 gennaio 2004) -
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