Bretagna e Camargue: terre d'incanto...
Racconto di viaggio in Francia, tra Bretagna e Camargue, di Paola Zuliani - Inviato il 15 gennaio 2004 da Paola Zuliani.
Ci sono luoghi al mondo la cui bellezza raggiunge il culmine in una determinata epoca dell’anno. La Camargue è uno di quei posti il cui incanto permane immutato in qualunque stagione si abbia l’occasione di visitarla. E’ un triangolo di terra al sud della Francia in cui il mare penetra, non con la furia delle tempeste d’equinozio atlantiche, ma dolcemente, con amore, aprendosi la strada in un paesaggio piatto, placido e tanto ricco di vita e di storia.
La vista si perde tra gli acquitrini che si insinuano nellla vegetazione fatta di canne, lievi pennacchi che il vento piega traendone suoni come di canti di sirene, fruscii sommessi di complicità. E’ la terra delle mille varietà di verde che sfumano nelle increspature dei pantani, dei gigli d’acqua che incorniciano i canali in una primaverile allegria di toni gialli che fa da contrasto alla scarsa vivacità dell’inverno.
Eppure la Camargue non cessa mai di essere viva. I rigori dell’inverno in cui rabbrividiscono i paesi del Nord sono qui ammorbiditi e resi accettabili dalla dolcezza del sole del Mediterraneo che regala sfumature dorate a tutta la zona facendone una terra fertile e ricca di vita. Ovunque lo sguardo dilaghi sul panorama camarguese, difficilmente si potrà notare l’assenza di un animale. Branchi di cavalli bianchi che, privi dell’altera nobiltà di quelli viennesi, irrompono con energica fierezza nell’acqua o pascolano solitari, incuranti della presenza di estranei. Mandrie di tori macchiano con la loro placida mole le bionde distese di pascoli resi fertili dall’acqua che ovunque occhieggia facendo da richiamo a un’incredibile varietà di uccelli.
Qui infatti chi non ha goduto della vista del lago Turkana al tramonto può assistere ad uno spettacolo difficilmente descrivibile con le parole.
Il mattino nasce con lievi stridii di gabbiani che tornano dopo aver seguito avidi il rientro dei pescherecci. Gli stagni cominciano a ripopolarsi, increspandosi sotto il peso lieve di anatre variopinte, esili cicogne bianche e grigie, fumarelli e garze reali. Su tutti dominano le ali sontuosa dei fenicotteri rosati, creature solo apparentemente fragili che, di ritorno dalle vastità africane, vengono richiamati dalla dolcezza del clima e dai colori più teneri del Mediterraneo.
Il bisbiglio si fa brusio sempre più intenso e, tra schizzi e starnazzi, si mescola al frullare di ali piccole, enormi, robuste o delicate, grigie, rosa, di infinite sfumature, in un allegro inno al mattino nascente.
La Camargue però non è solo un’oasi faunistica importante in Europa.
Le distese coltivate, i vigneti e i vivai di asparagi spesso hanno come sfondo un castello che si erge di fronte al mare, baluardo di avvistamento e di asilo per rumorosi e disordinati eserciti di epoche ormai lontane, masse di poveri anonimi coinvolti in guerre sempre inutili e spesso neanche capite o volute, inviati al macello con la benedizione del papa e per l’avido interesse di alti prelati, di teste coronate e della piccola ed oscura nobiltà che tentava di acquisire in Terrasanta territori e fama a maggior gloria per se stessi e per la propia progenie.
Saint-Gilles, Lunel, Aigues Mortes sono nomi cui la storia ufficiale dedica scarsa attenzione, rivolgendosi a personaggi ed avvenimenti di maggior risonanza, determinanti per lo sviluppo della società europea.
Eppure i conti di Saint-Gilles, i duchi di Lunel e tutti coloro che si ritrovarono a Aigues Mortes per imbarcarsi verso la Terrasanta fecero della Camargue una terra di eroi, di visionari, di istintivi soldati e di raffinati cavalieri i cui fantasmi, chissà, si aggirano ancora, ansiosi o delusi, sulle muraglie dei castelli di chiara pietra arenaria. continua "Bretagna e Camargue: terre d'incanto..." (Pubblicato il 15 gennaio 2004) -
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