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Milano: due facce della stessa medaglia

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“A Milano si vive giorno per giorno non si considera il giorno dopo” ,dice un uomo al mio fianco seduto davanti a una birra media chiara appoggiata sul tavolo del bar. “lo shopping non è per noi che ci lavoriamo in questa città” risponde così, con amaro realismo e quella goccia di sfacciataggine buona per farsi capire in un batter d'occhio, di Mattia Zonza (zonma@hotmail.it) - Inviato il 14 settembre 2012 da MattiaZonza.

Milano: due facce della stessa medaglia

“A Milano si vive giorno per giorno non si considera il giorno dopo” ,dice un uomo al mio fianco seduto davanti a una birra media chiara appoggiata sul tavolo del bar. “lo shopping non è per noi che ci lavoriamo in questa città” risponde così, con amaro realismo e quella goccia di sfacciataggine buona per farsi capire in un batter d'occhio.

Sabato, a Milano, spunta un sole timidamente caldo circondato da un cielo azzurro come l'acqua chiara e cristallina che sgorga dai ruscelli di alta montagna, il tutto regna egregiamente sui vari palazzi dando l'impressione di essere dentro a un dipinto neoimpressionista di Giuseppe Faraone, pittore contemporaneo notoriamente milanese.

Milano, oltre ad essere la capitale finanziaria dell'Italia, è senz'altro conosciuta per essere “la capitale indiscussa della moda “ o “la capitale mondiale dello chic”. I vari turisti arrivano con le immagini stampate nella mente di Gucci, Dolce & Gabbana, Armani, Valentino, Prada e non vedono l'ora d'addentrarsi nella via dello shopping più conosciuta: via Montenapoleone; qui si concentrano la maggior parte dei negozi più importanti nel mondo della moda internazionale.

Via Montenapoleone nasce nel 1800 sotto il dominio di Napoleone e prende il suo nome dall'istituzione finanziaria che gestiva il debito pubblico, il nome della famosa ed omonima via è conosciuta anche come “Montenapo”. Inizia da qui la visita di questa città, partendo da una via conosciuta in tutto il mondo; appena ci addentriamo si vedono già i vari Porche Cayenne, Bmw Z4, Porche Carrera e Ferrari che si esibiscono semplicemente passando per la via. Modelle e turisti di alto rango popolano l'intera strada indossando capi d'alta moda, assumendo una camminata che sa di chi si sente perennemente in passerella. Qui il cosìddetto prezzo a buon mercato non viene neanche considerato, dai sei mila euro per un abito si arriva inesorabilmente al prezzo minimo di ottocento euro per una borsa.

Russi, Spagnoli, Inglesi, Tedeschi, Francesi, Americani entrano con disinvoltura nei vari negozi esclusivi acquistando abiti firmati e disegnati dagli stilisti più famosi. Entrando dalla porta di vetro di Gucci con maniglie in ottone placcate d'oro una signora con fare disinteressato e aristocratico paga in contanti un vestito, facendo passare le banconote viola da 500 euro sotto il naso del commesso il quale, con occhi sbarrati dallo stupore, segue con lo sguardo le singole banconote che vengono afferrate dal portafoglio per essere posate sul tavolo di cristallo.

Sul marciapiede della stessa strada un gruppo di violinisti rom vestiti tutti con camicia bianca, pantaloni di velluto nero e scarpe di un cuoio a prima vista alquanto vissuto suonano con qualche arrangiamento originale “la primavera” di Vivaldi cercando di creare lo stupore e l'interesse, nella speranza che qualcuno gli getti nella custodia del violino aperta posata sul marciapiede qualche moneta per magari avere il secondo pasto della giornata da dare ai propri figli.

Dopo svariate volte che percorriamo la via del lusso usciamo da via Montenapoleone per attraversare Piazza San Babila, girare a sinistra e catapultarci in Corso Venezia. Qui la storia è protagonista di tutte le vicende di Milano. In un palazzo all'incrocio con via San Damiano soggiornò Napoleone Bonaparte nel 1796 all'epoca del triennio repubblicano francese e Vittorio Emanuele II lo ristrutturò nel 1859 per celebrare il ricordo della battaglia contro gli austriaci delle cinque giornate di Milano nel 1848. Nel palazzo di fronte Filippo Tommaso Marinetti fondò la Rivista “poesia” dalla quale nacque il Movimento Futurista.

Più avanti si trova il Palazzo Bovara che fu sede dell'ambasciata di Francia presso la Repubblica Cisalpina. Avanzando con il nostro passo ci appaiono i Giardini Pubblici Di Porta Venezia che rappresentano il primo esempio di parco cittadino, progettati e realizzati nel 1782-84 per uso pubblico anche se da quando i lavori furono ultimati è sempre stato il luogo d'incontro e svago per famiglie aristocratiche. La Domenica- come ci riferisce una signora- le giostre sempre presenti nei giardini vengono affollate dai bambini e le urla di gioia avvolgono le orecchie degli adulti. Proseguendo sempre dritto e superando i Bastioni di Porta Venezia che segna il confine della terza cinta muraria della città in epoca medievale, il nome della via si trasforma diventando Corso Buenos Aires affollata da famiglie in preda allo shopping e piena di negozi come Foot Loacker, H&M, Bershka, Benetton, Intimissimi con prezzi molto più bassi rispetto al lusso sfrenato e appariscente di Via Montenapoleone, ma pur sempre non del tutto raggiungibili da parte della totalità degli abitanti di Milano.

Arrivati alla fine di questa via notiamo che il traffico delle automobili aumenta sempre più e i diversi colori della pelle degli immigrati timidamente incominciano a mescolarsi. Due passi in più e ci appare davanti la trafficatissima Piazzale Loreto che, allo stesso tempo, attrae con il gioco delle vie la maggior parte delle automobili che attraversano Milano per poi lanciarle in altre disparate direzioni. Sul suolo di questo piazzale il 10 agosto 1944 furono fucilati 15 partigiani dopo essere stati prelevati dal carcere di San Vittore e successivamente i cadaveri vennero esposti al pubblico per tutto il giorno allo scopo di scoraggiare gli altri dissidenti. Nella stessa piazza il 29 aprile 1945 venne appeso il corpo di Mussolini. Piazzale Loreto sembra che sia la frontiera che divide in due Milano, verso il centro la zona dello shopping dall'altra parte le lande desolate della periferia. Quando si ha una moneta e si sta guardando solamente una faccia sta al curioso girarla scoprendo cose che non ci si aspetterebbe. Con questa convinzione scegliamo di andare oltre quello specchio che come una vetrina di un negozio d'abbigliamento riflette l'immagine dei passanti che, osservandosi con fare fugace, si compiacciono per i vestiti indossati ma non possono vedere dentro se stessi.

Le guide turistiche indicano sempre le zone del centro della città: locali per aperitivi, discoteche, musei, ristoranti insomma i luoghi della Milano che deve apparire. Con una cartina geografica della città alla mano si scopre Viale Monza: partendo da piazzale Loreto attraversa tutta la periferia a nord, è una via lunga, di passaggio, molto trafficata; sui marciapiede non si vede il gran via vai di persone che ci ha accompagnato fin'adesso nelle vie dello shopping. Carrozzerie, alimentari gestiti per lo più da immigrati, “kebabbari”, questi sono i negozi che incontriamo sulla via.

Proseguiamo dritti per qualche centinaio di metri, cercando di captare ogni macroscopica differenza della città che abbiamo percorso fino ad ora, e cercando sopratutto di capire in che modo la città cambia, dal centro “vetrina”, alla periferia “dormitorio” seguendo una sola interminabile strada dritta. Seguendo questo intento continuiamo il cammino, ma a circa duecento metri di distanza da Piazzale Loreto, sulla destra, ci lasciamo colpire da due individui posti ai lati di una piccola via che si guardano intorno con fare sospettoso.

Si sente un gran vociare da quella parte, eppure le persone che l'attraversano sono poche. Colti da un'improvvisa curiosità ci avviamo verso quel luogo nascosto, quella via non indicata dalle guide turistiche, quella via che forse si vuole nascondere: via Pietro Crespi. Appena varcata la soglia ci si sente osservati dai vari occhi scrutatori della gente; sanno perfettamente chi abita qui e chi no.

“Qua il tempo scorre-mi dice un signore anziano- e il conto da pagare è salato, 30 anni fa questa via era abitata da calabresi, siciliani, napoletani e pugliesi, ora dalle regioni si è passato alle nazioni”. Bengalesi, cingalesi, slavi, egiziani, marocchini affollano le case di tutta la via dormendo anche in dieci persone in un bilocale pagando per l'affitto cifre spropositate perché i proprietari ne approfittano.

Il mercato comunale, attaccato a via Crespi, è ormai sulla via del fallimento e verrà trasformato in mercato etnico grazie agli immigrati venuti a vivere in questa zona. Alcuni uomini nell'unico bar della via passano la maggior parte dei sabato pomeriggio-così ci riferisce il barista- a vedersi una partita di calcio con un bicchiere di birra gelata in mano e s'insultano vicendevolmente a seconda delle considerazioni fatte su un calciatore finché, arrivata la fine della partita, tutti un po' ubriachi si scambiano quattro chiacchiere e tornano a casa.

Intanto scende la sera sui marciapiedi di via Crespi; la vita notturna prende il sopravvento con pusher che si destreggiano tra le ombre lasciate dagli anfratti dei palazzi, passaggi continui delle volanti della polizia e qualche “trans” che vende il proprio corpo per banconote sporche, sperando di avere un giorno anche un'altra possibilità di scelta di vita; intanto, a pochi chilometri, che sembrano una distanza incolmabile, le luci della notte illuminano la città e la vita si mette in mostra tra i privé e bottiglie di champagne. (Pubblicato il 14 settembre 2012) - Letture Totali 83 volte - Torna indietro



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