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A briglia sciolta verso l’Afghanistan

Racconti e Articoli di Viaggio

Viaggi (quasi) impossibili in Afghanistan. In solitario dall’Italia all’Afghanistan a bordo di una Fiat Panda 4x4 di Fabio Migli per www.viaggiatoriweb.it

A briglia sciolta verso l’Afghanistan

Sito o fonte Web: www.viaggiatoriweb.it Quella che mi appresto a raccontare è la storia di un viaggio finito quasi per caso in una nazione particolare, spesso al centro dell’attenzione mediatica. Troppo di frequente l’Afghanistan è stato presentato come un posto ostile, quasi fosse il centro negativo dell’universo e causa di tutti i mali. Avevo da tempo il desiderio, se non la necessità di scoprire, in presa diretta, cosa si celasse dietro al martoriato mondo afghano, ancora oggi governato dalle regole del “Grande Gioco”.

L’Afghanistan, dunque, era nell’aria, come una meta ineluttabile, che inevitabilmente, alla fine, dovevo raggiungere. Per ben due volte ci ero passato vicino. La prima nel 2003, quando ripercorrevo una delle antiche Vie della Seta tra i monti del Pamir, in Tajikistan, a fianco del tumultuoso fiume Panj che divide i due Stati. La seconda invece nel 2004, di ritorno da un interminabile viaggio tra Cina, Tibet e Pakistan, nell’irrequieto Balochistan, fiancheggiandone il confine sud est.

Tutti questi lunghissimi tragitti terrestri, compreso quello del 2006, dall’Italia a Pechino e ritorno via Mongolia, li ho compiuti utilizzando una “storica” Panda 4x4 del 1989, ora giunta a 680.000 chilometri, interamente percorsi da me. Nel luglio 2007 decido di ritentare la via della Cina, usando però, la mia seconda Panda 4x4 quella che consideravo “nuova” essendo del 1999 con solo, si fa per dire, 180.000 chilometri.

Sapevo bene di avere poche possibilità di entrare in Cina, non avendo gli speciali e costosissimi documenti auto (le due volte precedenti ero accompagnato da una guida cinese durante l’attraversamento del vasto Stato orientale), ma volevo tentare ugualmente.



Il viaggio ha inizio.

Una specie di collaudo per la seconda auto I chilometri filano via veloci, ripercorrendo luoghi conosciuti: Austria, Slovacchia, Ucraina, Russia. Qui faccio una “variazione sul tema”, visitando i monti del Caucaso. Una parentesi di frescura che diverrà presto un ricordo durante l’attraversamento dell’infuocato deserto stepposo di Ustyurt, scorciatoia di 500 chilometri su pista sabbiosa per raggiungere l’Uzbekistan.

In alcuni tratti di profonda sabbia fine come borotalco, la Panda sembra scomparire. Le nuvole di polvere ricadono sul cofano costringendomi a utilizzare il tergicristallo. Comunque sia arrivo indenne all’approssimativo asfalto uzbeko, e visito lo sconcertante panorama di Mujnak.

Qui, fino a quaranta anni fa si estendeva il limpido e pescoso mar d’Aral. Ora, invece, al posto dell’acqua solo distese desertiche incrostate da sale e impressionanti relitti arrugginiti di vecchie imbarcazioni adagiate dove un tempo era il mare, ormai arretrato di quasi 200 chilometri in seguito a dissennati sfruttamenti dei suoi due emissari per uso agricolo. Lascio la depressa area dell’Aral puntando decisamente a est.

Faccio delle piacevoli tappe nelle storiche città di Kiva, Bukhara e Samarcanda, località che ben conosco, incontrando vecchi amici. Mi sento di casa in questi luoghi dominati da alti minareti e cupole coperte da lapislazzuli. Il fatto di parlare abbastanza il russo, mi aiuta molto nel farmi sentire quasi uno del posto. Oltrepassata Tashkent, la capitale uzbeka, entro nella nazione montuosa del Kirghizistan.



Appena fuori Osh prendo a inerpicarmi tra i monti del Pamir fino a valicare i 4.200 metri. I ghiacciai circostanti sembrano vicinissimi e la vista si perde all’orizzonte punteggiato dalle candide yurte dei pastori kirghisi. “La Cina è vicina”, mi dico, mentre guido lentamente sulla pietraia che da Sary-Tash porta al confine di Irkestam.

L’“esame cinese”

L’uscita dal Kirghizistan avviene senza problemi, ma mi attende lo “scoglio” cinese. In un primo momento tutto sembra filare fin troppo liscio, quando mostro ai militari la speciale targa provvisoria cinese che erroneamente mi era rimasta dal viaggio del 2006. Mi fanno addirittura varcare il confine e timbrano il passaporto, ma è solo un loro attimo di sbadataggine.

Infatti, il responsabile di dogana si accorge che le targhe sono vecchie, e il giorno successivo mi ricacciano indietro. “Maledizione, era quasi fatta!”, penso disperato. Ancora non convinto, compio un secondo tentativo alla frontiera kazako/cinese di Khorgos, ma anche qui vengo respinto. Volevo raggiungere il Pakistan, ma la Cina mi sbarra il passo. Che fare? continua "A briglia sciolta verso l’Afghanistan" (Pubblicato il 08 maggio 2009) - Letture Totali 107 volte - Torna indietro

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