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Varanasi: la città santa degli induisti

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Racconto di viaggio al centro dell'induismo di Varanasi, India, di Adriano Socchi - Inviato il 13 gennaio 2004 da Adriano Socchi.

Varanasi: la città santa degli induisti

Sito o fonte Web: www.adrimavi.com In India tutte le strade conducono a Varanasi la città santa per eccellenza dell’Induismo. Varanasi, meglio conosciuta con il nome di Benares datagli dai dominatori inglesi, è una delle più antiche città del mondo, ma soprattutto l’anima spirituale dell’India. Un viaggio in questo Paese non può e non deve, a mio personale giudizio, non includere una visita alla città. Antiche scritture induiste la definiscono la Città Eterna in quanto dimora del dio Shiva. Le stesse scritture sostengono che la città sorge sul terreno più sacro che ci sia sulla Terra.

Per questo, e tanto altro ancora, Varanasi è la più sacra delle città sante dell’India: è il luogo delle abluzioni nel Gange, dei ghat, delle pire funerarie, dove è impossibile restare osservatori impassibili. Non importa se l’entrata alla maggior parte dei templi è proibita a quanti non sono di fede induista, perché la sacralità si osserva sulle sponde del Gange, ossia la grande Madre Ganga, la figlia dell’Himalaya e inevitabilmente si finisce per immergersi nell’atmosfera pregna di spiritualità che solo questa città santa trasmette ed emana.



I testi induisti raccontano che Ganga si convinse a scendere sulla terra in seguito alle implorazioni del Re Bhagirath, il quale vi si era rivolto affinché raccogliesse nelle proprie acque le anime dei suoi Avi, inceneriti dalla potenza di Vishnu. Soltanto così si sarebbero sottratti dalla maledizione eterna. Ganga, allora, scese sulla terra e lo fece con così inumana violenza da spaventare le stesse Divinità. La Grande Madre Ganga è l’immagine perfetta dell’Induismo, è l’immagine trasmigrante di Shiva: ora tempestosa e distruttiva, ora serena e gentile.

Vi giungiamo a metà pomeriggio. Vediamo Varanasi e il Gange, quanto c’è di più sacro in India, per la prima volta e nello stesso momento. Per un attimo credo di provare quelle stesse sensazioni che devono assalire i pellegrini al loro arrivo nella città: fede, grazia, misericordia ed eternità. La città si distende lungo la riva sinistra del Gange. La destra è infatti considerata impura. Lo s’intuisce facilmente dal contrasto dei grandi palazzi e dei templi, dalla miriade di guglie che si elevano qua e là e dai numerosi ghat, scaline su cui un continuo andirivieni di gente scende al fiume per le abluzioni.



Un formicolio di vita, dunque, anima a tutte le ore del giorno la sponda occidentale e contrasta in maniera brammatica e assoluta col vuoto desolante e desolato che è la riva destra del fiume. Piove, ma la gente sembra non badarci più di tanto. E' il solito acquazzone monsonico pomeridiano, più o meno violento, che ci perseguita dal nostro arrivo nel sub-continente, ma d’altronde siamo in piena stagione delle piogge. Il fiume Gange è in piena per via della stagione, appunto, tanto che i ghat sono in gran parte sommersi dalle acque putride, marroni, sporche e melmose.

La nostra visita inizia al Tempio di Bharat Mata, dedicato alla Madre India, uno dei tre - da quel che mi risulta - aperto a tutte le religioni, noto perché all’interno vi si trova una grande mappa in rilievo dell’India. Da qui con un tuk-tuk, preso a noleggio per l’intero pomeriggio, proseguiamo per il Nuovo Tempio di Vishwanath in cui è conservato il venerato lingam di Shiva.

E’ ormai buio, ma troviamo il tempo per visitare l’ultimo dei templi il cui ingresso non ci è proibito per via della nostra fede cristiana, il Tulsi Manas Mandir, in stile Sikhara, famoso per via dei muri sui quali è riprodotta la versione hindi del Ramayana, il poema epico che racconta la storia di Rama, una delle tante reincarnazioni di Vishnu. Terminato il programma, attendiamo l'indomani di iniziare la vera visita alla più autentica Varanasi.



All'alba abbiamo appuntamento con un barcaiolo che ci accompagnerà ad assistere allo straordinario spettacolo che si ripete tutte le mattine al sorgere del sole: le abluzioni dei fedeli nel Gange. Prima che spuntino i raggi del sole siamo già sull’imbarcazione come tanti altri turisti che a loro volta fanno il giro in barca sul Gange.

Lungo i tre chilometri di ghat, ce ne sono di grandi e piccoli, ognuno con la sua storia e la sua tradizione, ogni gruppo di turisti avrà modo di isolarsi dagli altri e pensare di essere da solo ad assistere al toccante spettacolo e assaporare la mistica atmosfera che tutto avvolge. Il nostro tour dura due ore e per tutto il tempo assistiamo ad un continuo fluire di fedeli che scendono nelle acque sacre del Gange: uomini, bambini e donne, quest’ultime avvolte i fantasmagorici e colorati sari, che si purificano dai peccati commessi.

Di tanto in tanto, si vedono giovani intenti in esercizi yoga o sadhu in meditazione. Risalendo e scendendo il fiume, in acqua vediamo di tutto, addirittura una carcassa di un animale che segue il docile scorrere del fiume.più al largo, ma più di ogni altra cosa si vedono galleggiare tante collane di petali di fiori, le offerte dedicate alla Grande Madre Ganga. In ogni Ghat si trova un venditore di queste collane.

I Ghat di Manikarnika e di Harischandra sono i più suggestivi, i luoghi dove più che altrove si avverte la spiritualità della religione indiana. Qui viene esercitato il rito della cremazione. I corpi dei defunti vengono trasportati su una lettiga di bambù avvolti semplicemente da un lenzuolo e deposti sulle pire funebri, cataste di legno opportunamente preparate, bruciati ed infine le loro ceneri versate nel Gange.

Ci fermiamo nel bel mezzo di una cremazione e dopo poco tempo veniamo completamente avvolti da folate di fumo misto cenere. Aggiungeteci il caldo insopportabile, la fastidiosa umidità e l’odore acre della carne bruciata e capirete perché sembrava di soffocare. Sordi scoppi si susseguono all’interno della pira insieme con quello dei bastoni dei fuoricasta addetti a mantenere il rogo che, appunto, ravvivavano il fuoco picchiando sui tizzoni ardenti con dei grandi bastoni. continua "Varanasi: la città santa degli induisti" (Pubblicato il 13 gennaio 2004) - Letture Totali 170 volte - Torna indietro

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