Il camionista
Il camionista, ritratti sahariani di Robo Gabr'Aoun - Inviato il 08 agosto 2008 da Robo GabrAoun.
Piove a dirotto sulla costa Atlantica in questo inverno rigidissimo. Sto risalendo la costa verso Ceuta, per imbarcarmi. Il tempo a disposizione è terminato e con tristezza sto tornando verso casa. Antonella sta dormendo. Io fumo la pipa, in silenzio, attento all’asfalto lucidissimo e viscido di fronte a me. Mi tiene compagnia il ticchettio cadenzato e ritmico del tergicristalli. La pioggia lava via dalla mia auto le ultime tracce di questi miei giorni di deserto. Uscito dall’autostrada, salgo i rilievi del Jebel che da Kenithra portano alla costa mediterranea di Tetouan.
E’ stato un bel viaggio, pieno di emozioni stupende e persone meravigliose incontrate in 7000 chilometri d’Africa. Persino la tragedia del differenziale in agonia si è risolta senza grossi problemi, e la balestra rotta al retrotreno non mi da preoccupazioni: gli ammortizzatori sono talmente robusti che potrei anche procedere senza. In lontananza si vedono i bagliori dei fulmini, sul Jebel, e le cime dei rari alberi sono piegate dal vento violento che arriva da ovest. A Tetouan, oltre le montagne, c’è parecchio traffico e la gente guida senza troppo criterio. Prudenza, quindi... Me la prendo comoda e vado tranquillo. La pipa lascia nella cabina del Nissan un profumo intenso di tabacco e miele. Sono felice.
Sono fermo ad un semaforo al termine di un lungo rettilineo. Non sono il primo della colonna, ma l’ultimo. Dietro di me c’è solo il nastro d’asfalto lucido di pioggia. Al centro dell’incrocio un gendarme controlla incurante del diluvio che gli si sta riversando addosso il regolare scorrere del traffico…. Sto veramente bene, in pace con il mondo: persino la pioggia mi è gradita. Guardo con noncuranza nel retrovisore esterno, per caso. Nessuno, solo la pioggia che bagna il vetro. Mi sto godendo il puzzle di auto scalcagnate che mi scorrono davanti, ed attendo il verde quando sento una tromba di un clacson risuonare, lontana. Distrattamente, riguardo nel retrovisore… e sbianco... Un enorme Berliet arancione stracarico di balle di fieno sta arrivando a missile verso di me. Vedo chiaramente le ruote inchiodate che scivolano sull’asfalto viscido. Si sta mettendo di traverso. Sarà a non più di 50 metri, quindi mi sta piombando addosso. Metto la prima, ma inutilmente. Sono bloccato. Di fianco e davanti ho auto ferme, come me, in attesa del verde. Ritorno a guardare lo specchietto. Il muso del Berliet mi è sopra, e continua ad avanzare di traverso con le ruote tutte frenate. OK, adesso mi distrugge. Chiudo gli occhi e metto istintivamente un braccio di fronte ad Anto che dorme, svegliandola con un urlo.
Poi, in un attimo, un microsecondo, sento il rumore delle ruote accanto a me, apro gli occhi e riesco a vedere come in un film fatto girare ad una velocità stratosferica il muso del camion passarmi a sinistra, sfiorarmi, occupare nella sua corsa incontrollata tutta la corsia opposta, il cassone carico di fieno passarmi forse a meno di un centimetro sradicando il mio specchietto retrovisore e... continuare la sua corsa nel bel mezzo dell’incrocio. Si ferma poco oltre la postazione del gendarme, in un prato. Anto è paralizzata dal terrore. Io, invece, vedo rosso e scendo dal Nissan. Lo stomaco ancora contratto per la tensione, come una furia corro verso il Berliet. Ho chiari istinti omicidi, tanto che il gendarme mi chiama, mi corre incontro e - visto che non mi fermo - mi si para davanti. fa nulla, gli passo praticamente sopra. Sono acceso come un fiammifero. L’autista scende dalla porta del passeggero e pone il camion tra lui e me. Facciamo un rocambolesco girotondo finché, come era venuta, la rabbia non svapora. Mi calmo, lascio che la pioggia mi scivoli sul viso. Mi rendo conto di tremare come una foglia.
Attorno a me, il caos: tutte le auto suonano i clacson, il Gendarme blatera in arabo misto a francese ed il camionista, bianco come un lenzuolo, sta piagnucolando di fronte a me. Sento Anto che sta chiamando e solo ora mi avvedo che sono intero, che lei è intera, che la mia auto è intera, che sto in piedi in mezzo ad un incrocio e che ho voglia di tornare a casa. Volto le spalle al gendarme ed all’autista e vado oltre l’incrocio a riprendermi lo specchietto divelto. Mi seguono. Salgo in macchina e sento come attraverso una porta insonorizzata la voce del poliziotto che dice di avere bisogno dei miei dati per procedere alla stesura del verbale contro il camionista. Sempre attraverso la stessa porta sento distintamente un "Ma vaff.. a te, al tuo verbale ed al tuo camionista". La mia voce. Chiudo la portiera in modo selvaggio e vedo il gendarme che continua a parlare attraverso il vetro mentre l’autista tenta di spiegare la sua innocenza a mani giunte. Metto la prima e parto. Passo pure col rosso, am nessuno prova a fermarmi, nessuno mi segue. La pioggia continua a cadere e lava via la rabbia, la paura…
Per un po’ non parliamo. Sono ancora scosso. Laggiù, in fondo, si vedono le luci fioche di Ceuta, tremolanti nell’imbrunire di questa sera invernale…Siamo salvi: torniamo a casa… tutto il resto non conta. (Pubblicato il 08 agosto 2008) -
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