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Il meccanico di Fes

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Ancora un episodio, normale situazione di viaggio in 4x4 nel Sahara del Marocco, di Robo Gabr'Aoun - Inviato il 28 aprile 2005 da Robo GabrAoun.

Il meccanico di Fes

C’è il sole stamani, tenue e pigro, a destarci dopo la fredda notte nella pianura di Fes… Il tepore dentro il sacco da montagna non aiuta certo a decidermi ad uscire nel gelo del mattino per indossare gli abiti accanto, freddi come ghiaccioli, ma mi faccio violenza e mi scuoto, rabbrividendo nell’aria fresca dell’alba da poco venuta a colorare il giorno. Oggi è un bel giorno, penso tra me e me mentre scendo sui pioli della scaletta umidi di rugiada: ci aspetta la lunga strada per Ouida, al confine con l’Algeria. Smontiamo il campo in un attimo: vogliamo fare colazione in un baretto della città, davanti al ghiottissimo caffè nel bicchierino da tè, con le cialde allo zenzero ancora calde di forno.

Metto in moto l’auto e, chiacchierando con Anto, mi accingo a partire. Il pedale della frizione è un macigno: non si muove! Riesco a pigiarlo solo con uno sforzo immenso. Ci vuole poco a capire. Ieri l’altro, preso dal timore, ho commesso un errore gravissimo nel guado a sud di Ouezzane. Ho ripetutamente cambiato marcia nel bel mezzo del torrente fangoso ed ho sicuramente imbarcato qualche tonnellata di fango nella mia già veneranda frizione. Rimandiamo l’appuntamento con il caffè, che ne dici? Dico certo, che diamine;andiamo a cercarci un autolavaggio e vediamo di risolvere la cosa.

La stazione di servizio è a qualche centinaio di metri. Scendo dall’auto e col solito idioma di cui precedentemente ho parlato vedo di spiegare l’inconveniente e ottenere un salutare lavaggio sotto la scocca. Parlo per un buon cinque minuti con una specie di gigante che mi osserva impassibile aspirando grandi boccate dalla sua sigaretta. Finisco il monologo attendendomi una qualche risposta, ma non ottengo nulla. Assolutamente nulla. Il gigante continua a fissarmi negli occhi senza muovere un muscolo del viso e senza spiccicare una sola parola. Ok, evidentemente l’arabo-franco-piemontese non è poi così universale. Andiamo con la mimica allora: vincevo sempre nel gioco dei titoli dei film, da ragazzino, sarà uno scherzo.

Improvviso nel piazzale della Stazione un bel teatrino, con profusione di particolari, dal rumore del torrente in piena al ruggito del mio motore, con tanto di mimica del volante dell’auto che gira a destra e sinistra finchè non raggiungo col movimento ritmico del piede che schiaccia la frizione, rendendo l’idea della fatica sempre maggiore con tanto di spossamento, quasi dolore finchè il piede non riesce più a calcare il pedale e mi fermo, madido di sudore per lo sforzo della recita, volgendomi a guardare il mio interlocutore che avevo perso di vista tutto preso com’ero dalla mia rappresentazione e...

Non c’è! Non c’è più!

Lo scorgo, già un bel po’ lontano, che cammina lentamente con le mani in tasca, verso la sua sedia vicino alle pompe del carburante. Anto è in preda alle lacrime tanto ride, quasi rotola giù dal Nissan, dal quale si è goduta tutta la scena. Il tizio, mi racconta continuando a sganasciarsi, prima mi aveva guardato come si può guardare un imbecille, poi aveva guardato lei e si era battuto l’indice teso sulla tempia, in un gesto inequivocabile e infine se ne era andato, lasciandomi solo nella mia presunta pazzia. Riparto alla carica, andando verso il gigante che mi attende sgranando gli occhi, mentre le risate di Anto mi accompagnano come uno strascico da sposa. Cavolo, voglio lavare sta' macchina! Magari gli faccio il disegnino, ma giuro che mi faccio capire!!!

Rilancio il mio dialetto internazional-piemontese e finalmente il viso dell’omone si illumina… Mi indica la lancia ad acqua poco distante con sguardo interrogativo, indicando la mia auto. "Siiiii, ci siamo amico mio!!" sbotto. Gli spiego dove insistere, facendogli vedere il gruppo frizione sotto la pancia di Camilla…Gli fa un lavaggio completo, ma va bene lo stesso, chi se ne frega; l’importante è che lavi via la melma da sotto la scocca sosì che io possa immettere poi il grasso nella frizione. Ho dimenticato di agganciare il cofano. Poco male: al limite entrerà qualche spruzzo. Accade in un baleno: l’omone passa davanti al muso dell’auto sempre spruzzando acqua a 100 atmosfere. Nota il cofano appena appoggiato.Questione di un secondo: una manona immensa solleva come una pagliuzza il cofano da 30 kg e, con mio orrore, il gigante scaraventa il getto d’acqua dentro il motore.

"Noooooooooooooooo. L’urlo raggiunge l’uomo che, stupito, continua imperterrito a inondare il mio motore finchè non gli corro incontro con uno scatto da centometrista asfittico. Si spaventa (già mi crede fuori di cervello) e molla il cofano, la lancia e tutto il resto… Mi guarda impietrito, indietreggiando di qualche passo mentre io salgo e provo a mettere in moto. Clic, fa il motore. Come sarebbe, clic… Rigiro la chiave. Ancora solo un tristissimo, laconico clic sale dal cofano di Camilla. Non parte più. L’omone, che ha compreso, si guarda la punta delle scarpe con imbarazzo.

Provo ancora. Clic. Ok, facciamo scaldare due o tre volte le candelette e vediamo se funziona. Mentre aspetto alzo lo sguardo verso Anto: ha le mani sul viso. Eh già, ci credo, sarà preoccupata come me. Un bel guaio… Poi noto le spalle. Si muovono, in alto e in basso, ritmicamente. Guardo con più attenzione. Gli occhi sono stretti, con le rughette sui lati. Le spalle ora decisamente saltellano… Ma ride! Si sta ammazzando dalle risate! Il mio peggiore sguardo omicida la raggiunge dal finestrino ottenendo come reazione lo scoppio definitivo: si piega e ride battendosi le mani sulle ginocchia. Anche l’omone ride. Già, ridono tutti! Giro ancora la chiave: il rombo del sei cilindri sorge come un tuono, e dopo un paio di accelerate può ronfare tranquillo, con la voce meravigliosa di sempre. Scendo e guardo tutti torvo. Poi scoppio a ridere anche io. Inch Allah, la vita è bella. Ingrasso la benedetta frizione, pago il gigante, mi lavo le mani e, finalmente, vado a godermi la mia colazione nel baretto proprio di fronte.Quando entro anche l’oste mi sembra che rida, ma va bene lo stesso. Qualche centinaio di metri più in basso le mura colossali di Fes seguono la strada che conduce a Ouida: è uno spettacolo indimenticabile. Il caffè mi sembra celestiale. L'anima già sta correndo su quella strada.

" Monsieur.." Mi giro e vedo un gendarme accanto a Camilla: mi sta dicendo che lì non posso lasciarla. Cavolo, non è proprio mattina giusta! Ok, andiamo subito. E mentre scendiamo verso le mura laggiù in fondo l’ennesima risata di Anto mi accompagna come una canzone. (Pubblicato il 28 aprile 2005) - Letture Totali 70 volte - Torna indietro



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