Da Kaam Samnor a Siem Reap via fiume
Racconto di un itinerario lungo il Mekong, in Cambiogia, di Adriano Socchi - Inviato il 16 febbraio 2007 da Adriano Socchi.
Sito o fonte Web: www.adrimavi.com
Sono le ore 09.30 di martedì 4 ottobre, quando vediamo sventolare una bandiera cambogiana sulla riva sinistra del Mekong questo significa che siamo al border di Kaam Samnor.
La frontiera è aperta da poco e subito, com’era facile intuire, è nato un mercato di contrabbando. Stando alle informazioni prese nella zona è diffusa la criminalità e la polizia doganiera è corrotta. Non ci aspettiamo niente di buono e siamo pronti a versare “la bustarella” per evitare inutili fastidi. Dazio da pagare per aver voluto per forza attraversare il confine tra Vietnam e Cambogia via fiume. In realtà, una volta sul posto, nulla sembra corrispondere a quelle che erano le notizie in nostro possesso. L’area sembra tranquilla e in dogana non abbiamo nessun problema. Come dice il proverbio: fidarsi è bene non fidarsi è meglio!
Tuttavia, se durante lo sbarco, scesi per espletare le formalità doganali, un gruppo di donne e bambini ci avevano appena infastidito per venderci bibite e biscotti, al momento dell’imbarco le stesse donne e gli stessi bambini, questa volta con dei mazzi di banconote in mano, ci seguono importunandoci fin dentro il battello allo scopo di cambiare riel cambogiani, in dollari o in dong vietnamiti. Assillanti fino all’ultimo e a tal punto che qualcuno rischia addirittura di cadere in acqua alla partenza. Questo è stato l’unico inconveniente cui siamo incorsi al confine di Kaam Samnor.
Ci s’imbarca e si riparte: il Vietnam alle spalle, la Cambogia di fronte!
Lasciata la frontiera il Mekong s’allarga tanto che le sponde si distinguono appena. Proseguendo vediamo capanne sommerse fino ai tetti, incontriamo imbarcazioni piene zeppe di persone, alcune delle quali hanno la bandiera della croce rossa… ci mettiamo un po’, poi, finalmente, capiamo: il Mekong è esondato. Il via vai di barche sono i soccorsi inviati alla popolazione alluvionata rimasta senza tetto.
Continuando a risalire la corrente, il fiume, a poco a poco, rientra in quelli che sono i suoi argini naturali. In territorio cambogiano, apparentemente il paesaggio non cambia, i soliti bambini che sguazzano in acqua, alcuni mercati galleggianti, donne e uomini ai remi che attraversano il fiume da una sponda all’altra, imbarcazioni che risalgono altre ridiscendono cariche di persone o mercanzia, ma i villaggi…, le palafitte dei villaggi, che punteggiano le rive sono assai più misere di quelle viste in Vietnam. Le prime impressioni sono quelle che poi si rivelano sempre esatte. In Cambogia s’avverte una maggiore povertà rispetto al vicino Vietnam.
Impiegheremo quasi un’intera giornata per raggiungere Phnom Penh, perciò il tempo che rimane per visitare la capitale è davvero poco. Dobbiamo necessariamente fare delle scelte. All’unanimità decidiamo di visitare il Tuol Sleng Museum il noto carcere “S – 21” all’interno del quale i khmer rossi del famigerato Pol Pot torturavano e uccidevano anche solo chi fosse lontanamente sospettato d’idee antigovernative. continua "Da Kaam Samnor a Siem Reap via fiume" (Pubblicato il 16 febbraio 2007) -
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