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Il miracolo dell'insalata marocchina

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Racconto di un gruppo di viaggio in Marocco, attraverso Casablanca, Fes, Meknes, Erg Chebbi e oasi Obera, di Alighiero Adiansi - Inviato il 08 maggio 2006 da Alighiero Adiansi.

Il miracolo dell'insalata marocchina

Sito o fonte Web: web.tiscali.it/alitour Quando arriviamo a Casablanca e’ già buio, manchiamo cosi’ il primo di innumerevoli tramonti, pero’ siamo tutti in forma, stanchi, assonnati ma in forma, qualcuno come me ed Ermanno anche troppo in forma.

Non manca niente per cominciare la nostra avventura in Marocco, salvo il bagaglio di Davide (detto Andrea), che dapprima la prende male ma supererà la disdicevole situazione permettendoci di apprezzare, nei mercati di Fes e Meknes, i suk delle mutande, dei calzini, degli spazzolini da denti e dei pennelli da barba.

Un altro vantaggio lo riscontriamo al mattino quando ritirando le quattro Uno (dette Cayenne) scopriamo che un altro bagaglio non avrebbe trovato posto, anzi se ne avessimo perso un altro gli ultimi due giorni non avremmo dovuto sistemare Rita sul tettino della Uno per far posto a tappeti grandi e piccoli che, pur ben impacchettati, quando sono troppi sono troppi.

L’unico svantaggio nella perdita del bagaglio sono gli assurdi pantaloni azzurri a fiori bianchi che hanno trasformato Davide da yuppie a hippie fino alle spiagge di Essaouira dove, appena arrivato, e’ stato adottato dall’ultima colonia di figli dei fiori, tre sessantottenni in perenne adorazione della sabbia calpestata da Jimi Hendrix.

Arrivando a Meknes ci godiamo gli unici lussi del viaggio bivaccando nel Riad Bahia, la casa nella medina ristrutturata da Bouchra (detta Sandra), paziente guida della Versailles marocchina. Il lusso di Meknes lo scontiamo il giorno dopo alloggiando all’hotel Central di Fes, che ha l’unico vantaggio di essere vicino al ristorante Marrakech, dove inauguriamo la serie infinita di couscous, e all’hammam, dove inauguriamo la serie subito finita di bagni con massaggio.

Scendendo verso la valle dello Ziz (detta la Val Brembana marocchina) attraversiamo le foreste di cedro, cosi’ almeno crediamo confortati dalle profonde conoscenze botaniche di Francesco, detto Alessandro, che nei rari momenti di lucidità riconosce nell’ordine: l’oleandro rosa del maghreb, l’ulivus argentinatus, il melum granum dello Ziz e il ficus seccus incartatus. Purtroppo non troviamo l’Argania Caprensis, che vedremo solo dalle parti del mare e che si riconosce dalle capre in bilico sui rami.

Francesco, o Alessandro, che a suo tempo presentò la tesi di laurea proprio su questa caratteristica pianta, spiega come le capre non nascano direttamente sui rami ma vi salgano solo successivamente; la scoperta provoca in Massimo un moto di disappunto che lo spinge a scrollare violentemente uno degli alberi facendo cadere tutte le capre mature e rovinando la foto che Erica, detta Bella Sventola (per via delle orecchie), tentava di fare da una decina di giorni.

Finiti i cedri cominciano le palme, in particolare a noi interessano quelle di Aoufuss, a pochi chilometri da Erfoud, perchè in mezzo al palmeto sorge la “maison d’hote” dove passeremo la notte.

La casa è un vecchio caravanserraglio ristrutturato amorevolmente dalla famiglia Douala che vi ha ricavato delle spaziose stanze, dei pulitissimi servizi con doccia calda e un suggestivo salone da pranzo che diventa anche sala di conversazione e di musica per le prime esibizioni di Fabio, detto Dario Baldan Bembo.

In realtà doveva essere un concerto per chitarra e armonica, ma quest’ultima viene monopolizzata dal piccolo Doualino, un simpatico bimbo di neanche tre anni, che passa la serata sputacchiando e sbausciando nello strumento del nostro musicista, costretto a modificare l’esibizione fino a quando, catturato il bimbetto, lo addormentiamo tenendogli il visino vicino ai piedi di Barbara, detta Gina la rossa, l’unica a non aver ancora fatto la doccia.

E’ nel bel salone dei Douala, secondo me, che qualcosa comincia a non quadrare, nessun segno evidente ma un diffuso malessere che potrebbe sembrare stanchezza o sonnolenza, per alcuni e’ già stitichezza, per altri un cupo rimescolarsi di acidi gastrici, per tutti un progressivo ma inarrestabile scivolamento verso un’incoscienza astrale. Domani ci aspetta il deserto, la sabbia rosa dell’Erg Chebbi, l’attesa cavalcata sulle dune, l’oasi sperduta, l’orizzonte infinito, il tramonto, le stelle…

Il primo segnale inequivocabile che qualcosa non va è il crollo di Serghej, detto Sheva, a poche centinaia di metri dal bivacco dell’oasi Obera. Gli occhi acquosi e disperati, la fronte bollente, le gambe rigide allungate sulla sabbia, evidenziano la gravita’ della situazione, prima ancora che Ivana infili il termometro sotto l’ascella pelosa e lo estragga col mercurio sopra i 40.

La stessa identica cosa era successa nell’ordine a Francesco, detto Alessandro, appena fuori da Erfoud, a Massimo, appena imboccata la pista verso le dune e a Davide, nella camera del Toumbouctou. Certo Francesco, Massimo e Davide non portavano sulle spalle Ermanno da due ore, questo e’ tra l’altro il motivo del ritardo nei soccorsi a Serghej senza contare che Serghej è un dromedario e gli altri no. continua "Il miracolo dell'insalata marocchina" (Pubblicato il 08 maggio 2006) - Letture Totali 60 volte - Torna indietro



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