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Non è tutto oro quel che luccica...

Viaggi e consigli del momento

Riflessioni sul turismo: i suoi numeri ed i suoi effetti, di Chiara Meriani - Inviato il 14 novembre 2005 da Chiara Meriani.

Viaggi e consigli del momento: Non è tutto oro quel che luccica...

Se si escludono attività illegali quali lo spaccio di droga e lo smercio di armi, soltanto l’industria del petrolio supera in fatturato quella turistica: sono quasi 3.500 i miliardi di dollari che il turismo crea annualmente, il 6% del prodotto lordo del pianeta. Settecento milioni (dati dell’Organizzazione Mondiale del Turismo) di turisti muovono dunque ogni anno non solo se stessi, ma anche una gran quantità di denaro: e le cifre sono destinate a crescere. Secondo l’Organizzazione Mondiale del Turismo infatti nel 2010 saranno un miliardo le persone che varcheranno i confini del proprio Paese, e se si prendono in considerazione anche gli spostamenti all’interno di ogni Stato, gia’ oggi si raggiunge la cifra ragguardevole di 5 miliardi di viaggiatori all’anno.

Un mercato sempre in crescita, dunque, quello turistico, uno dei pochi che continua a promettere denaro e posti di lavoro, nonostante crisi economiche, politiche e catastrofi naturali: ma dove? Per chi? E soprattutto a quale prezzo? In due parole: chi ci guadagna e chi ci rimette?

Se e’ vero che sono cinque i miliardi di turisti che ogni anno si godono viaggi e vacanze, è come se tutti gli abitanti del pianeta, almeno una volta all’anno, si spostassero... In realtà non è così: l’80% dei fortunati turisti infatti appartiene a soli 20 Paesi, dislocati nel Nord del mondo. Chi è nato in un Paese povero non viaggia e spesso non può nemmeno godere del luogo dov’è nato: in Thailandia come nella Repubblica Dominicana (e la lista potrebbe continuare) la maggioranza delle spiagge sono di proprietà di grandi alberghi e villaggi turistici ed i locali non vi possono accedere. Niente mare, per chi ha avuto la sfortuna di nascere in uno dei paradisi tropicali…

E lo sfortunato “fratello povero” non può nemmeno godere dei soldi che il turismo porta nel proprio Paese, magari per comprare a sua volta un biglietto aereo e volare chissà dove, o per pagare l’ingresso alla spiaggia sotto casa. I benefici apportati dal turismo ai Paesi in via di sviluppo sono infatti fortemente limitati:

solo una minima parte del reddito generato vi rimane, mentre il 70-80% finisce nelle tasche degli imprenditori stranieri, soprattutto nei casi di vacanze all-inclusive, villaggi turistici e crociere, che non permettono alcun contatto –se non rapido e superficiale- con la gente (e l’economia) locale. Nei casi migliori ai Paesi di destinazione rimane il 50-60% del reddito creato dal turismo: in pratica dei 3.500 miliardi di dollari annui, il 60% va a Stati Uniti, Canada ed Europa.

Ma non e’ soltanto una questione economica: il turismo, com’è stato concepito e realizzato fino ad ora, ha spesso mangiato, consumato, modificato i luoghi dove ha messo piede. Ha creato false aspettative, conoscenza fittizia, immagini stereotipate. Certo, modificare è inevitabile: ma perché modificare in peggio?

Spesso gli effetti di uno sviluppo abnorme e deregolamentato del turismo sono stati deleteri per la natura, le tradizioni, la cultura dei “paradisi incontaminati”. Non si tratta soltanto della barriera corallina in pericolo o dell’estinzione di qualche rara specie animale: l’impatto del turismo è stato, e continua ad essere, violento anche sull’uomo. Il benessere che trasuda da un turista in vacanza non può lasciare impassibile chi stenta a procurarsi il cibo, o comunque chi non è preparato ad assorbire l’impatto della cultura occidentale, spesso dei suoi aspetti più ricchi e consumistici. I locali talvolta si adattano in maniera funzionale alla presenza dal turismo, sfruttando le mode occidentali e le (proprie) immagini stereotipate: spesso ciò intacca però le abitudini, le tradizioni e la cultura originaria.

Si possono poi innescare dei meccanismi che portano fino alla distruzione dell’identità di un popolo o al peggioramento delle condizioni sociali: non avendo la possibilità di guadagnare in modo lecito dal turismo, sono molti quelli che cercano di ottenere comunque qualche vantaggio immediato. Chiunque sia andato a fare un viaggio in un paese povero sarà stato “assaltato” da bambini con occhi tanto furbi quanto supplicanti. Per non parlare di conseguenze ancora peggiori: alcune zone del sud-est asiatico (e non solo) sono diventate tristemente famose per il turismo sessuale, a scapito addirittura dei bambini.

Le popolazioni che dovrebbero essere padrone di casa nelle terre meta di tanti turisti, hanno il diritto di essere in qualche modo tutelate. Di più: dovrebbero essere lasciate libere di autogestire le proprie terre e le proprie risorse, anche quelle turistiche.

Negli ultimi tempi fortunatamente, anche se in misura troppo limitata, si e’ assistito alla nascita di un turismo diverso, responsabile, sostenibile e soprattuto rispettoso: della natura, delle abitudini, delle tradizioni diverse, delle persone. Un turismo che proponga un rapporto più autentico con luoghi e popolazioni, che non crei ulteriori barriere, come i cancelli “dorati” dei villaggi turistici… ma offra opportunità d’incontro, conoscenza reciproca, arricchimento culturale, prima che economico. Un turismo che offra ad entrambe le parti, visitati e visitatori, soddisfazioni più grandi e risultati più duraturi.

Chiara Meriani
chiarameriani@hotmail.com (Pubblicato il 14 novembre 2005) - Letture Totali 56 volte - Torna indietro



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