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La Voce degli Alberi

Racconti e Articoli di Viaggio

Un racconto di viaggio che oltrepassa i confini fuori e dentro l'uomo per giungere a realtà troppo spesso ignorate, di Luca Coscioni

La Voce degli Alberi

Certe volte mi domando perché mi sono ammalato di sclerosi laterale amiotrofica. Perché questa malattia sia toccata proprio a me e non a qualcun altro. Perché proprio a 28 anni e non più tardi, magari a 50 o, meglio ancora, a 70 anni, come accade nella maggior parte dei casi. Perché. A questi interrogativi mi è impossibile dare una risposta. Poi mi domando cosa mi sarebbe successo se fossi nato in uno di quei paesi che noi occidentali definiamo ipocritamente in via di sviluppo o a basso reddito. Per capirci meglio, in uno di quei paesi in cui ancora oggi la gente muore di fame, è uccisa dalla dissenteria, crepa per una banale influenza.

A quest'ultimo interrogativo mi è invece possibile dare una risposta. Non sarei arrivato ai miei 31 anni. Sarei morto di fame, sarei stato ucciso dalla dissenteria, sarei crepato per una banale influenza. Oppure, molto più semplicemente, mi sarei spento così come si spegne una candela quando si esaurisce la cera che ne alimenta la fiamma, per mancanza di Speranza e di Amore. Non privare mai un uomo dell'Amore e della Speranza, quest'uomo cammina ma in realtà è morto.

Deserti
Il vento è molto forte. Soffia da Nord-Est ed è rasente il terreno sabbioso. La motocicletta è al massimo dei giri e non riesce a superare i novanta chilometri orari. Il rumore ovattato e metallico del monocilindrico a quattro tempi è modulato a tratti dall'intensificarsi delle raffiche di vento. Sono l'ultimo della carovana dei motociclisti. Ho freddo e decido di fermarmi. Spengo il motore della moto, posiziono il cavalletto laterale e scendo lentamente dalla mia tre e cinquanta.

Durante il mese di gennaio le temperature nel Deserto del Sahara raggiungono i loro valori minimi e il freddo si fa sentire sul serio. Soprattutto se si viaggia in moto. Sfilo i guanti ed il casco, li appoggio sul sellino della motocicletta e comincio a camminare. Non so dove sto andando. Le gambe si muovono da sole. Il corpo le segue senza opporre alcuna resistenza. La mente non ha pensieri. Mi fermo dopo aver percorso qualche centinaio di metri. Guardo verso Nord. Il confine con la Tunisia è a duemila chilometri di distanza. Oltre la Tunisia, il blu del Mediterraneo e poi l'Italia. Ruoto su me stesso di centottanta gradi e indirizzo lo sguardo verso Sud. Davanti a me Deserto e poi ancora Deserto. Tamanrasett e il massiccio dell'Hoggar sono ormai luoghi lontani.

Sono solo. Finalmente solo. Percepisco soltanto sabbia e vento e sole. Non sento più freddo. Respiro profondamente e chiudo gli occhi. L'aria fresca del Plateau du Tademait penetra dolcemente nei miei polmoni. Il sole, alto e luminosissimo, passa attraverso le mie palpebre abbassate e diffonde il suo rosso tepore in tutto il mio corpo. Il vento accarezza con forza i miei capelli ed il mio viso. E muove i miei pensieri.

Il Deserto è veramente un luogo unico. Le emozioni che suscita sono irripetibili e indescrivibili. La mente si purifica e diviene chiara, trasparente, limpida, come mai lo è stata. Puoi ascoltare nel silenzio più assoluto il tuo respiro e accorgerti che sei soltanto respiro, che il tuo corpo, la tua mente, il tuo cuore, il soffio vitale che è in te ora sono un tutt'uno. Sei immerso nell'Erg, ne fai inevitabilmente parte.

In questo luogo di trascendenza, l'ateo prega ed il credente perde il suo Dio. In questo luogo di materia, non c'è materia. Un solo granello di sabbia contiene tutto lo scibile umano, la Terra, la Luna, il Sole e le Stelle. L'Universo è sul palmo della tua mano. In questo luogo Sacro, sei solo ma non provi solitudine. Sei Sacerdote di un Tempio che non è stato edificato dall'uomo e che non ha colonne o confini.

Il vento si sta intensificando e comincia ad alzare con maggiore decisione la sabbia colora oro del Plateau. Mi appresto a ripartire. Una tempesta di sabbia non è mai una cosa piacevole e lo è ancor meno se si è costretti ad affrontarla da soli, lontani dalla propria carovana. Accendo quindi la moto e comincio a ripercorrere la Transahariana in direzione Nord per ricongiungermi ai miei compagni di viaggio. Sergio e Sandro forse si sono fermati ad aspettarmi in un punto dell'Erg a duemila chilometri di distanza dal confine con la Tunisia. Credo di lasciarli in una zona del Sahara algerino sospesa tra i flutti del Mediterraneo ed il cuore montuoso dell'Hoggar. Li porto inconsapevolmente con me attraverso il mio viaggio di ritorno verso le porte dell'Europa.

Lo scooter elettrico si sposta silenziosamente sulla stradina di campagna. Le sue tre piccole ruote lasciano dei segni chiari, quasi argentei, sul verde dell'erba umida. Paiono le tracce lasciate dal passaggio di una lenta lumaca. Le nubi, gonfie di pioggia, ed il temporale si stanno piano piano avvicinando. Il vento, teso e piacevolmente freddo, porta con sè il profumo dell'acqua di un temporale di fine settembre. In lontananza, in direzione Nord, i lampi aprono varchi luminosi nel nero cupo delle nuvole. Ad Ovest il sole sta tramontando ed i suoi ultimi raggi si stagliano contro alcune nubi bianche che sembrano voler congiungersi alle buie sorelle del temporale incombente.

Vorrei scendere e camminare e abbracciare il vento, ma non posso. Mi piacerebbe andare incontro al temporale correndo, ma non posso. Vorrei innalzare un inno a questo spettacolo meraviglioso, ma le parole mi nascono nel cuore e mi muoiono in bocca. Dovrei essere uno spirito libero per poter gioire, ora. Sono invece un uomo provato dalla Sofferenza e dalla perdita della Speranza. Non sono solo, ma provo solitudine. Non è freddo, eppure provo freddo.

Tre anni fa mi sono ammalato ed è come se fossi morto. Il Deserto è entrato dentro di me, il mio cuore si è fatto sabbia e credevo che il mio viaggio fosse finito. Ora, solo ora, comincio a capire che questo non è vero. La mia avventura continua, in forme diverse, ma indiscutibilmente continua. Nove anni fa, nel Deserto del Sahara, stavo cercando qualcosa. Credevo di essere alla ricerca di me stesso e mi sbagliavo. Pensavo di voler raggiungere un traguardo e mi sbagliavo. Quello che cercavo non era il mio ego o un porto sicuro, ma una rotta verso quella terra per me così lontana dove abitano Amore e Speranza. (Pubblicato il 04 maggio 2004) - Letture Totali 79 volte - Torna indietro



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