Colas

Racconti e Articoli di Viaggio

Racconto di viaggio tratto da "Cubalibro", di Claudio Montalti, giunto alla ristampa. - Inviato il 12 gennaio 2004 da Claudio Montalti.

Colas

Sito o fonte Web: www.claudiomontalti.net Mi dilettavo nell’assaggiare ogni cosa che vedevo esposta nei numerosissimi chioschi lungo le calle. Trovai buonissimi il torrone di cocco e il churro, una speciale frittella a spirale che veniva spezzata in tanti pezzetti ricurvi che sporgevano simili a tante patatine fritte dal cono di carta che li conteneva. Erano sostanziose la jucca fritta e il budin, una pasta a base di cocco; favolose le spremute di arance e gustosi i giganteschi bicchieri di frutta fresca appena frullata. La sete divenne la scusa per giustificare ogni divagazioni in tema di frutti tropicali mentre scoprivo la capitale metro dopo metro. Pizzette e panini con la carne garantirono il mio sostentamento durante la giornata e, qualche volta, formarono anche la cena.

Erano presenti in ogni chiosco e bancarella, come ad ogni angolo di via nelle borse di piccoli venditori ambulanti abusivi, un dolce fatto con lo zucchero di canna, una vera bomba calorica, e le noccioline appena tostate confezionate nei caratteristici coni sottili ottenuti con strisce del Granma, il quotidiano di regime. Nel freddo di quei giorni, gustai con trasporto i primi caffè cubani assorbendo attraverso le dita ogni stilla del loro calore assieme all’aroma ricco ed energico. Pagavo prezzi che partivano da un peso per un caffè, una spremuta di arancia o un piccolo dolce, fino ai cinque pesos per una pizzetta e ai dieci per un panino con la carne. Al mercato nero ottenevo dai venti ai ventitré pesos per ogni dollaro americano.

Provavo bellissime sensazioni nello spendere liberamente i miei pesos e contemporaneamente realizzavo due obiettivi: sperimentavo sulla mia pelle il mio grado di adattabilità ad un turismo senza fronzoli, che mi avrebbe permesso di rimanere lontano da casa per molto tempo, e prolungavo al massimo la mia permanenza in un paese che cominciava a prendermi molto.

Più oltre, nel viaggio, avrei esagerato nell’economizzare e, sinceramente, sfiorai spesso la tirchieria ma era diventata una seconda pelle spostarmi, divertirmi, nutrirmi e vivere senza usare i dollari. Il tempo diventò una entità astratta, per me contò soltanto arrivare dove volevo e viverci bene.

Tutto il resto era indifferente.

Fu proprio a L’Avana che il trascorrere del tempo aveva cominciato a diventare relativo. Passavo buona parte delle mie giornate ad aspettare anche se, in realtà, non era proprio così. Non del tutto, almeno. Parlavo con i vicini di cola, ascoltavo insieme a loro ogni tipo musica ritmandola con i piedi o le dita. qualche volta, il martellante ritmo della salsa divenne la scusa per fare un giro di danza mirato a conoscere una chica. continua "Varanasi: la città santa degli induisti"

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