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Viaggio in Thailandia

Racconti e Articoli di Viaggio

Racconto sulla Thailandia, di Lupoli

Viaggio in Thailandia

Eccomi di ritorno, tutto liscio, a parte Linate chiuso per nebbia. Qualche ora persa, ma niente di più. E’ stata una bella esperienza. Non è la prima volta che vado lontano, ma questa è stata la mia prima vacanza da solo in un posto che non conoscevo... Arrivo a Bangkok verso le 15, e dopo diecimila chilometri e dodici ore di aereo decido di cimentarmi con i mezzi poveri. Niente taxi. Prendo il treno, terza classe, 500 lire il biglietto per 25 chilometri.



Caldo, calca, vagone tetro. Però non spintoni, non puzze umane. Sorrisi, cortesia, gente umile naturalmente, qualche backpacker europeo o americano. Le scritte incomprensibili. Bene o male il cirillico si capisce, ma i 51 caratteri Thai sono un enigma anche perché per rendere la cosa più semplice (e consumare meno carta) le parole esprimono un concetto. Per dire "Io vado a Bangkok" si usa una parola sola. Meglio lasciar perdere, tanto l’albergo è vicino alla stazione centrale. Scendo.

Fuori dalla stazione, cartina alla mano, trascino il mio trolley lungo sconnessi marciapiedi, circondato da sciami di tassisti discreti che con un leggero colpo di clacson evidenziano la loro presenza e disponibilità a darmi un passaggio. Tengo duro per un po’, ma non sempre c’è la continuità di alberghi che si può trovare nelle nostre città più turistiche, quindi alla cedo. Sacrifico quasi mille lire e mi faccio portare in albergo.



Breve doccia, poi sono di nuovo fuori, diretto a Patpong, noto posto tipo Prè (ndr: è una espressione di Fabrizio de Andrè, quando cantava "Via del Campo" un po' di anni fa. Via del Campo è nel rione genovese di Prè, di fronte al porto, ai tempi "ben" frequentato... ma c'erano anche tante bancarelle), un po’ mercato e tante signorine. Molti turisti, giapponesi, coreani, tedeschi, e nemmeno un italiano. Mercato di falsi, Rolex da cinque dollari, signorine autentiche a poco più, tantissime, non scollacciate, in abito lungo.

Tutte hanno una spilla con un numerino appuntata al petto. Mi sorridono. Ci sono anche locali equivoci, come equivoci devono essere gli spettacoli che danno. Dubbie sono anche le signorine ormai invecchiate (relativamente) trasformate in buttadentro. Mi assaltano, ma senza mai eccedere, in maniere che in fondo sono sempre cortesi. Solo un paio di vie di Patpong sono così. Non c'è esibizione pubblica di pelle vera o virtuale, neanche mezza tetta.. Certe nostre edicole che grondano pornografia, in Thailandia sono inimmaginabili ed illegali.



Il giorno dopo, visito i due templi più famosi di Bangkok. I nomi sono impronunciabili, ma sono affascinanti, permeati di una cultura diversa, seria, da rispettare. In mezzo ai turisti, anche veri monaci e veri fedeli. Sono praticanti i Thailandesi. Il Buddhismo, ovviamente la mia è un’impressione estremamente superficiale, dà una sensazione di tolleranza di pace, di rispetto per il prossimo.

I precetti sono in fondo sempre gli stessi - rispetta gli altri e rispetta te stesso - ma non è opprimente: non ci sono domeniche da santificare, non ci sono messe da frequentare, confessioni da rendere... vai quando vuoi. Sono tutti molto educati, sorridenti. Non strilli, schiamazzi o risa scomposte. Anche i bambini, sembra che non facciano i capricci. Non ho intenzione di convertirmi, però sarebbe interessante approfondire.

Giungo al fiume Chiao Praia, ove circolano tram fluviali come a Venezia. Dopo uno stentato uso dell'inglese ("Where do you go?" "I don’t know") ai moli mi vedo applicare la tariffa massima, 15 Bath, 800 lire, per un’ora sul fiume. Salgono scolari, vestiti con una divisa bianca e viola sono tutti uguali, poverie ricchi, frotte di monaci nei loro sai arancioni. Alcuni lo sono per un paio di settimane soltanto.

E' una specie di servizio militare che tutti i giovani maschi sono tenuti a fare. Però è bello. E' bello il senso di libertà che si prova nell'essere soli in un’altra parte del mondo in un posto mai visto. Non ho orari, obblighi: mangio quando voglio, se voglio, e dove voglio. Non devo trattare con nessuno. Entro in una specie di fast food per Thailandesi, frequentato da scolari. Niente inglese, però ci sono foto dei piatti. Punto l'indice e mi arriva una zuppa pesce e verdure con spaghetti di riso, bastoncini per posate. Se i tedeschi di una volta facevano ridere con i loro tentativi di arrotolare gli spaghetti, quelli aono niente in confronto a miei di pescare qualcosa senza le posate occidentali. continua "Viaggio in Thailandia" (Pubblicato il 10 gennaio 2004) - Letture Totali 53 volte - Torna indietro



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