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Alì, tarqui di Agadez

Racconti e Articoli di Viaggio

Emozioni e Itinerari di un uomo a spasso per il Sahara, di Roberto "Robo Gabr'aoun" - Inviato il 18 gennaio 2008 da Robo GabrAoun.

Alì, tarqui di Agadez

Pomeriggio del 31 gennaio. Sto passeggiando con Anto lungo le mura della città vecchia di Ghat. Abbiamo appena terminato la visita del centro originario dell’antica città-stato Twaregh. Lungo le vie che conducono al Forte Turco avevamo incontrato dei commercianti provenienti dal Chad con dei monili Twaregh distesi in bella mostra sulle loro stuoie, unici venditori ambulanti in tutta la vecchia città: da quando è stata istituita la cooperativa artigiana dei Twaregh di Ghat la distribuzione di manufatti artigianali berberi è monopolizzata, ed è praticamente impossibile per i commercianti provenienti dall’esterno esporre e vendere la propria merce all’interno del borgo vecchio. Avevamo da poco lasciato la grande bottega della cooperativa, posta in prossimità della periferia occidentale, davvero entusiasmante poter ammirare in un solo sguardo tante meraviglie della tradizione gioielliera dei nomadi, quando ci avviamo asseggiando alla porta occidentale, quella che conduce verso l’antica fortezza Italiana, ora sede del comando della Gendarmeria e dei Vigili del Fuoco.

Mentre attraversiamo la piazza polverosa, subito oltre la cinta muraria noto un ragazzetto minuscolo, seduto nella sabbia fine alla base della muraglia in disfacimento. Sta tutto raccolto in se stesso, e sembra ancora più piccolo. Ha la pelle scura,magrissimo,con uno sguardo triste… Fa un cenno con la mano. Io ed Anto ci avviciniamo. Ci chiede di che nazionalità siamo in Francese e quando ci accovacciamo per poter parlare senza sembrare dei giganti, estrae dal suo gri-gri un cartoncino protetto da un astuccio di plastica trasparente. Me lo porge: è un documento ufficiale, con tanto di foto, una carta d’identità della Prefettura di Agadez. Il viso nella foto è lo stesso che ho di fronte. Il suo nome è Alì. Riavuto il documento, estrae dalla stessa tasca del suo pastrano a rigoni color tabacco un piccolo involto di stoffa. Lo apre distendendolo sul suolo di fronte ai suoi piedi, esponendo la sua merce: un pugno di croci Twaregh, di pregevole fattura.

Guardando il ragazzetto, mi tornano in mente tutte le notizie lette sulla strage di stato operata in Niger nei confronti dell’etnia Twaregh, l’eccidio di Tchin Tabaraden, il convegno-farsa che ne seguì a Niamey, la tremenda carestia della fine degli anni '80, la caduta in disgrazia di questo grande popolo alla fine del periodo coloniale con la stesura di confini a tagliare i loro territori, le loro carovaniere, le loro transumanze, la loro stessa cultura nomadica. Mi tornano in mente le parole di Mano’ Dayak, l’ultimo grande capo del Fronte di Liberazione Twaregh. Mi tornano in mente le testimonianze di coloro che hanno potuto toccare con mano la miseria attuale di questa etnia un tempo sovrana, costretta ora all’accattonaggio per le vie delle città governate da quegli stessi uomini la cui stirpe, per secoli, era stata loro sottoposta...

Per tutto questo e non solo perché sono davvero precevoli vorrei comprargli tutte le croci Twaregh. Vorrei, ma non posso. Ne scelgo una, la croce di Baghzen, del Kel situato presso i monti Baghzean, nel Niger occidentale. Contratto il prezzo con pazienza poi, una volta pagata la croce, la appendo al collo. Poi gli regalo l’equivalente di almeno altre dieci croci, come piccolo e forse inutile contributo alla sopravvivenza di questa grande razza oppressa. Ho voluto scindere le cose per non alimentare la figura del viaggiatore credulone, a cui si può strappare un prezzo dieci o più volte maggiore del giusto, per rispetto e tutela di coloro che verranno qui dopo di me, ma nello stesso tempo mi sento come inutile, piccolo, senza alcun potere per poter aiutare non dico questo grande popolo, ma nemmeno il singolo, nemmeno il piccolo Alì che sta qui davanti a me, a cui viene persino interdetto l’ingresso in città dai suoi stessi fratelli del Kel Akakus.

Saluto Alì e me ne vado verso la mia auto, qualche centinaio di metri più in là. Quando ripasso, diretto verso il Tannezouft, Alì sta ancora sotto le mura, un fagottino di bambino, con la fame negli occhi e chissà quanti sogni nel cuore. Da allora scrivo sui Twaregh, da allora la sua piccola splendida croce di Baghzen sta sempre con me. (Pubblicato il 18 gennaio 2008) - Letture Totali 69 volte - Torna indietro



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