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Lasciare il cuore in un pugno di sorrisi

Racconti e Articoli di Viaggio

Il diario del mio viaggio in Kenya a agosto 2006, tra le strade di Ukunda e lezioni di italiano sulla spiaggia di Diani Beach, di Roberta Tuppa

Lasciare il cuore in un pugno di sorrisi

Sito o fonte Web: dianibeach.blogspot.com Continuo ad avere le lacrime agli occhi da quando sono tornata da Diani. Il Kenya mi ha strappato anima e cuore, e dovrò tornarci presto per riaverli.

Come posso descrivere cosa sto provando?

E' come quando ti staccano il cordone ombelicale e non sei più legato al grembo di mamma.

E' come quando in seconda media sono andata a vivere da mia zia e ho dovuto per forza separarmi da mamma e babbo.

E' come quando avevo 17 anni e mezzo, e è morto Salvatore. E una parte di me è stata sepolta con lui. La mia adolescenza, il gruppo con cui uscivo, le emozioni di ragazzina. Tutto morto.

E' come quando mia sorella ha pasticciato la faccia di "Farfallina", la mia bambola preferita, nonché mia migliore amica immaginaria. E ho cominciato a capire che bisogna accettare che dalle cose ci si separa, con dolore e coraggio.

Si, forse stavolta è diverso. Posso riprendere possesso di me. E posso farlo solo ritornando li, magari per mettere radici.

Mi manca tutto. Visceralmente. E lo stomaco è in subbuglio ogni volta che un'immagine di quei giorni torna alla mente.

Svegliarmi a Milano lo trovo così inutile. Che senso ha lavorare qui? A chi serve? Che cosa produco ogni giorno? Che utilità ha questa fottuta produzione? Ho forse un'utilità in questo mondo di plastica?

Dove sono i sorrisi? Dove sono i Jambo jambo? Che ce ne facciamo di tutta questa fretta da cui ci lasciamo travolgere ogni giorno? Dove sono gli hakuna matata e i pole pole? Perché io sono nata nella parte "fortunata" del mondo?

Queste le domande che mi pongo dal momento in cui i miei piedi hanno camminato per le strade di Ukunda, fino a oggi. E domani sarà lo stesso.

Ma andiamo con ordine. Il 4 agosto arrivo a Malpensa e non sono poi più così convinta che fare questo viaggio da sola sia cosa buona e giusta.

Regalerei il mio biglietto a chiunque. Mi sento così piccola.

Ma poi comincio a osservare la gente in coda, le facce pre-vacanza, le valigie immense, e ecco che subito ho voglia di comunicare. Inizio a chiedere dove stanno andando, cosa stanno facendo, quanto devono aspettare, quanto staranno via. E le prime ore di ritardo aereo passano così, tra mille chiacchiere con sconosciuti in partenza. Ok, ci siamo, mi dico, sto entrando nel mio spirito da vacanza.

Quasi tutti quelli diretti in Kenya vanno a Malindi e Watamu. Nessuno vuole venire con me a Diani? Perché? Cribio.

Ecco il bancone del visto per il Kenya. Faccio subito. Sono la prima a scoprirlo Che donna sveglia.
E dopo un'infinita attesa, ecco che spunta anche il baracchino dell'African Explorer.

Galeotto fu il baracchino.
E' li che incontro Chiara e Enrico per la prima volta.
"Dove andate?"
"Al Papillon!"
"Anche io! Che bello!"
E' una garanzia. Saranno i miei nuovi amici di vacanza. Non ci posso fare niente. E' così che cominciano tutti i miei viaggi.
La tensione di qualche ora prima mi abbandona e comincio a rilassarmi sul serio. Sto andando in Kenya da sola.

Ma che figa sono?

In aereo dormo incastrata tra i sedili, nonostante il ronzio continuo della famiglia di fianco a me che si lamenta di quanto sia scomodo, di quanto faccia freddo, di quanto i videogames dell'Eurofly siano complicati, di quanto sia strano che io sia riuscita a giocare a tutto, e così via.

Alle 4 (il 4 è un numero ricorrente in questo viaggio) la sfiga è con me. Vado in bagno per cagar via le lasagne e scopro che le mie cose sono arrivate anche loro. Non sia mai che arrivino in ritardo. NO, in anticipo devono arrivare, e sull'aereo, così sono più comoda per cambiarmi e compagnia bella.

Donna previdente. Nello zaino c'è tutto quel che occorre. Mi cambio e vado di nuovo a nanna.

In aereo si gela. Grande escursione termica all'arrivo a Mombasa. Anche se non fa poi così caldo. C'è pure una lieve brezza.

In coda alla trafila passaporti ritrovo mama Chiara e papa Enri.

Credo che ci piaciamo da subito, perché si avverte una sorta di filo trasparente che comincia a tessere la tela della nostra imminente amicizia.

Al momento di portar le valigie sul pulmino, un ometto piuttosto svelto decide di aiutarmi e porta il mio trolley al posto mio. La mia prima mancia in Kenya. La prima di una lunga serie.

Ecco l'incontro con gli altri due. Arrivata al pulmino c'è un'altra coppia. Li saluto con un: "CIAO!"

Mi rispondono anche loro con un:"CIAO!"

Vito e Barbara. Bei sorrisi, voci allegre, piacere, piacere mio, anche mio. Si, anche loro mi piacciono da subito.

Basta, è fatta. Siamo tutti italiani. Aspettiamo Chiara e Enrico e progettiamo la conquista di Diani Beach insieme.

Il percorso da Mombasa al Papillon Lagoon Reef è pieno di gente in coda che attende di prendere il traghetto per recarsi al lavoro, persone a piedi, alcuni scalzi, altri in bici, donne con ceste enormi sulla testa, mercati, carni appese come nella vigna di zio Bastiano, baracche, case fatte di sterco e paglia, case fatte di mattoni. E allora cominci a capire che anche li ci sono i ricchi e i poveri. I ricchi non sono come i "nostri" ricchi. Sono solo meno poveri degli altri.

E cominci a vedere i bambini.
E cominci a sentire i primi Jambo.
E vedi quei sorrisi che ti si stamperanno nella mente e negli occhi. E lentamente ti strappano il cuore dal petto per tenerselo come pegno e insegnargli a guardare questo nuovo mondo con gli occhi giusti.

E comincerai a sorridere anche tu, perché oltre al cuore, ti strappano via anche le erbacce cattive che ti porti dentro.

E saluti tutti. E non vedi l'ora di incrociare uno sguardo perché sarà ricambiato quasi con un certo affetto.

Ti chiedi come fanno, perché sorridono? Perché questa gioia che a noi "fortunati" manca?

Nasser, soprannominato cicciobomba, è il nostro punto di riferimento di African Explorer. Nel viaggio tra Mombasa e Diani, comincia subito a metterci in guardia contro i "terribili" beach boys.

Ci dice che sono inaffidabili, che se prenotiamo un'escursione/safari con loro, verremo imbrogliati, che invece di portarci all'eventuale Lodge scelto per la notte, ci porteranno altrove, che l'organizzazione con loro lascia a desiderare e compagnia bella.

Mentre spara le sue ragioni, io guardo fuori, faccio foto alle case, alla strada, alla gente, alle biciclette, al cielo, agli alberi. Mi sembra tutto così bello, così denso, così vero. E appena arriverò in spiaggia, mi regalerò la compagnia di quei ragazzi "terribili", perché io lo so già che di terribile c'è solo la condizione in cui sono costretti a vivere.

E mentre si viaggia, io e i miei nuovi compagnetti d'avventura ci raccontiamo chi siamo, da dove veniamo, cosa facciamo e cosa abbiamo intenzione di fare.
Io vorrei fare tutto. Tutto. Safari, gita a Wasini, a Funzi, a Malindi. Voglio fortissimamente voglio.
Dico che non è necessario che mi seguano nelle mie avventure, che farò anche da sola. Che da questo momento in poi facciamo un patto, ossia ognuno è libero di muoversi come, dove e quando vuole e nessuno si deve sentire in obbligo di seguire l'altro.
Barbara: "ma dove vuoi andare da sola? Tu sei pazza?"
Ecco. Cominciamo bene. Sono pazza

Nasser con l'orecchio teso segue i nostri discorsi e ci propone subito un pacchetto safari/gite che secondo lui non possiamo assolutamente rifiutare.

Ebbene, una volta al Papillon, lo salutiamo cortesemente, lui e le sue proposte, e con lui non faremo neanche la gita gratis a Ukunda

Veniamo accolti con un coctail di benvenuto. Succo di papaya credo. Ma non ricordo perché i miei pensieri erano totalmente rivolti al fatto di dover correre in stanza a cambiarmi l'assorbente.

La mia prima guardia del corpo keniana con cui ho a che fare è John. E' il ragazzo che si occuperà di me e della mia camera fino a fine vacanza. Comincio subito a parlare con lui, gli chiedo da quanto tempo lavora li, come si trova, come funziona questa fottuta cassetta di sicurezza, gli chiedo scusa ma devo andare in bagno, mi dice hakuna matata, ci vediamo dopo.
Da quel momento in poi, sono chiacchiere ogni mattina all'uscita dalla stanza, e ogni pomeriggio quando vado in camera a espletare i miei bisogni più importanti. E presto cominciamo a salutarci con un abbraccio ogni volta che ci si incontra. continua "Diani. Lasciare il cuore in un pugno di sorrisi" (Pubblicato il 29 marzo 2007) - Letture Totali 106 volte - Torna indietro

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