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Almeno il pane, Fidel

Letteratura e libri di viaggio

ALMENO IL PANE, FIDEL, Cuba quotidiana nel periodo speciale, di Gordiano Lupi, pp. 192, euro 10,00, Ed. Stampa Alternativa

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Almeno il pane, Fidel

Sito o fonte Web: www.infol.it/lupi Quella raccontata in questa anti-guida, non è la Cuba di cui parlano i cucador italiani a caccia di facili avventure erotiche, e nemmeno quella di cui parlano dai loro pulpiti i frequentatori delle stanze del potere e del comando castrista, da Gianni Minà fino a Diego Armando Maradona, fino ai marxisti nostrani da salotto televisivo. È invece Cuba quotidiana, quella del popolo che dovrebbe vivere con una manciata di dollari di stipendio al mese, mentre una lattina di Coca Cola (che, nonostante l'embargo, si trova a ogni angolo di strada) costa un dollaro. Una Cuba vera, reale, indispensabile da conoscere per chi davvero l'ama e intende visitarla, oppure già c'è stato.

SPIGOLATURE TRATTE DAI CAPITOLI DEL LIBRO

A Cuba, come dice Carlos Varela, "tutti vogliono vivere nel telegiornale", luogo virtuale dove va tutto bene, non manca niente e soprattutto non serve denaro.

A Cuba ci sono enormi differenze sociali dettate non dai meriti personali, ma solo dal modo in cui un cubano riesce a inserirsi nei giri più o meno legali del mercato turistico. Tanto per fare un esempio facilmente verificabile, una jinetera (prostituta per turisti) e il suo chulo (protettore) sono due categorie privilegiate, così come accadeva ai tempi di Batista. Il governo ha reso quasi impossibile l'esercizio di ogni attività privata, le imposte sono elevate e devono essere pagate indipendentemente dal giro di clienti che il cubano ha nella sua paladar (ristorante familiare) o nella casa particular (albergo familiare). Oltre all'imposta fissa va pagata una sostanziosa percentuale sugli incassi. Per il cubano l'unica via percorribile resta quella della illegalità e i traffici a margine degli alberghi di Stato sono rigorosamente in nero.

Nel periodo del caso Elián circolavano a Cuba battute di ogni tipo. Tra cubani si soleva dire: "Cuba non avrebbe nessun problema se non fosse per Elián." accompagnando l'affermazione con un sorriso. Poi tante barzellette, la più simpatica è questa: sono passati venti anni dal rapimento di Elián e c'è un giovanotto con un cartello sul Malecón che grida : "Che facciano ritornare Elián!" (Que devuelvan Elián!). Si avvicina un poliziotto e gli dice: "Ma tu sei indietro nel tempo di almeno vent'anni! Elián è tornato a casa da tanto. Tu piuttosto dammi i documenti e dimmi il tiuo nome". E il ragazzo continuando ad agitare il cartello: "Il mio nome? Mi chiamo Elián!".

"Noi cubani veniamo maltrattati ogni giorno. Non possiamo entrare negli hotel, nei ristoranti, nelle spiagge e in tutti quei luoghi dove vanno i turisti che possiedono denaro. Ci calpestano come se fossimo niente, perché siamo cubani e non abbiamo soldi. Ci trattano molto male e io provo una grande rabbia. A volte sento che sono nata in un posto strano perché non vengo rispettata come cittadina, come persona, come donna, come cubana. Vengo discriminata nella mia stessa terra, mi calpestano, mi fanno sentire molto male. Praticamente tutte le leggi promulgante dal governo sono contro i cubani. " (Pubblicato il 03 gennaio 2007) - Letture Totali 63 volte - Torna indietro



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