Liguria Tropicale...
Un racconto - ed una filosofia - di viaggio nella Liguria e nell'Italia meno conosciuta, di Alberto Angelici - Inviato il 11 agosto 2006 da Aziza.
Arriviamo al tramonto, mentre il sole scende oltre le rocce di Capo Nero con rutilanti effetti da discoteca che tingono il mare fin dove le ombre lo precipitano in un cupo color petrolio, anteprima del buio imminente. Ospedaletti è terra di contrasti e di sorprese, stretta da montagne indecise se ingoiarla o spingerla in acqua.
Per chi proviene dalle brumose contrade piemontesi la discesa in territorio ligure offre la meraviglia di una trasformazione che si brucia in pochi chilometri e che, superati gli ultimi contrafforti, piomba il viaggiatore nel tipico paesaggio subtropicale.
Case e palazzi appaiono affogati in una vegetazione lussureggiante che satura ogni piega del terreno fino alle rocce scure su cui rompono le onde con schizzi bianchi di schiuma. Eucalipti dall'aria smorta s'addossano a ficus elastica (ficus indiano) di dimensioni colossali che poco ricordano la modesta pianta d'appartamento che ben conosciamo.
Sui muri delle case, specie negl'angoli più assolati e protetti, esplodono i colori delle bouganville e delle camelie. E poi palme, palme d'ogni varietà, anche da dattero, e banani e palme nane e quelle, altissime, che segnano la via Aurelia nel tratto cittadino chiamato Corso Regina Margherita o più semplicemente Boulevard. Mandarini, aranci e limoni ravvivano ogni giardino, macchiano le aree verdi pubbliche come fantasiosi disegni di bimbi. Ne colgo gli aromi intensi mescolati all' acuto profumo di rosmarino e a quello un po' salmastro e dolce della salvia, mentre a piedi esploro ogni strada che dalla statale scende verso il mare. Ne cerco una adatta al nostro camper, una che non prometta curve a gomito o auto parcheggiate a strozzo sugli incroci.
Dall'alto, mentre sostavamo al semaforo, ho avuto la fuggevole visione di un posto fantastico, proprio sulla scogliera, davanti al centro storico dove schiere di casette addossate l'una all'altra scendono ad anfiteatro verso il mare. Però non m'azzardo ad imboccare viuzze così asfittiche nel timore poi di dover affrontare una retromarcia che…solo a pensarci mi viene la pelle d'oca.
Sbuffando ne faccio tre su è giù ma non mi convincono: troppo strette e troppo storte. Infine, ecco quella giusta: via Cesare Battisti, rettilinea e larga, che dal Boulevard arriva fino a via XX Settembre e di lì al mare. Venti minuti dopo entriamo trionfalmente ( la soddisfazione che provo mi porta all'orecchio un immaginario frullo di tamburi) su quella che, mi racconteranno poi nei negozi, fino al 2001 era la massicciata dell'ottocentesca linea ferrata che dal confine francese conduceva a La Spezia: 222 chilometri.
Molti i testimoni dell'antica destinazione, dai vecchi pali che reggevano l'elettrificazione e che ora svettano come tronchi morti, alla leva di uno scambio ormai scomparso che sporge incongrua dal catrame come l'arto rinsecchito di uno scheletro perduto. A completare il macabro insieme, un paio di sghembi cippi in pietra grigia mostrano ancora numeri che ai macchinisti indicavano chissà cosa ma che ora sembrano lapidi di cimitero semidivelte.
Al fondo di quello che al momento pare un lungo parcheggio, ecco la stazione. Quando, una volta collocato il camper proprio di fronte al municipio, andrò a fare due passi, scoprirò che, pur essendo chiaramente dismessa e abbandonata, appare verniciata da poco di un fresco rosa pesca. continua "Liguria Tropicale..." (Pubblicato il 11 agosto 2006) -
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