Thomas di Trinidad
Un sorprendente incontro di viaggio con Thomas, a Trinidad: nella vita le lezioni non finiscono mai, di Michele Salvatore - Inviato il 13 gennaio 2004 da Michele Salvatore.
Ero fermo a Trinidad con la barca per fare le solite riparazioni di routine e non. Una o due volte la settimana, prendevo il taxi collettivo per andare a Port Spain, la capitale dell'isola per rimpinguare la cambusa del Gulliver.
Sin dalla prima volta, avevo notato un giovane (di circa 25 anni) senza gambe. Si spostava su una tavola con quattro cuscinetti e al mattino era sempre all'ingresso del mercato del pesce a chiedere l'elemosina. Mi aveva colpito il suo volto: sempre sorridente, sempre solare... Sia che ricevesse qualcosa o no, sorrideva ed aveva una parola per tutti.
Mi chiedevo come facesse, poveraccio, ad avere sempre il sorriso sulle labra. Certo, è una tecnica per chiedere l'elemosina, ma la maggior parte dei mendicanti gioca sulla compassione e non sul sorriso. Una mattina arrivai tardi al mercato. Era quasi medio die e Thomas, questo è il suo nome, era lì come sempre sorridente. Mangiava con pezzo di pane del giorno prima. Gli detti mezzo dollaro e mi avviai all'interno. Di quello che cercavo non c'era niente, tutto finito. Decisi di rimandare la spesa al giorno successivo e, visto che era ora di mangiare, di arrivare ad un baracchino lì vicino. Nell'uscire, e nel vedermi senza i soliti sacchetti, Thomas si rammaricò, chiedendo quasi scusa per la mancanza di merce.
Gli chiesi se aveva mangiato e se voleva farmi compagnia. Era visibilmente imbarazzato. Io, un "gringo, che si porta a mangiare un desperado al baracchino... Concordammo per una via di mezzo, di prendere qualcosa da magiare e mettersi su una panchina all'ombra, nel giardino giusto di fronte al mercato. Volevo porgli una domanda che mi frullava nella testa "Perchè continui a sorridere nonostante la vita sia stata così ingenerosa con te?" e questo feci dopo qualche boccone, mischiando il mio inglese primitivo ed uno spagnolo più simile all'italiano. Mi rispose senza pensarci.
"Per un po' di tempo ho chiesto l'elemosina con un atteggiamento da sofferente. Ogni tanto qualcuno mi mollava qualche spicciolo. Una mattina mi sono svegliato di buon umore, non ricordo perchè, e installandomi al solito posto, non riuscivo a fare il sofferente e così ho iniziato a sorridere. La gente mi mollava lo stesso qualche spicciolo, ma in più mi sorridevano... Da allora ho deciso che sorridere era meglio che essere triste."
Nel raccontarlo ho rivissuto quei momenti. Ogni tanto ci penso, quando sono un po' giù. Non so quanti chilometri di righe sono state scritte sul vivere e del vivere dai filosofi di tutto il mondo. A Thomas ne erano bastate tre... (Pubblicato il 13 gennaio 2004) -
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