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Un treno nella giungla del Borneo

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Racconto di viaggio attraverso la giungla sul treno da Beaufort, nella foresta del Sabah, fino a Kota Kinabalu, Borneo, con fermata a Tenom, di Anna Esposito - Inviato il 04 maggio 2004 da Anna Esposito.

Un treno nella giungla del Borneo

I maschi indossano camicie candide e calzoncini blu, le bambine gonne lunghe fin sotto le ginocchia, alcune con scarpe color avorio altre senza, e camminano a piedi nudi. I capelli, neri come la pece, sono raccolti da ferretti argentati o, semplicemente, lasciati cadere sulle spalle. La divisa scolastica conferisce loro un’aria seria e composta mentre aspettano il treno che, partendo da Beaufort, nella foresta del Sabah, dove si trova la loro casa, costruita su una palafitta, raggiunge Tenom.

Il treno, l’unico mezzo che hanno per raggiungere la scuola, corre lungo il fiume Sungai Padas, uno squarcio nella giungla umida, e attraversa lunghi ponti di legno. E di legno, immersa in un boschetto di bambù, è anche la scuola. Alle pareti decine di disegni colorati e allegri raccontano le loro giornate: una mucca gioca con un bimbo, una grossa farfalla gialla, blu e arancione insegue una scimmietta... Non ci sono scene di violenza, ma solo facce felici su quei fogli.



Quello da Beaufort a Tenom è un viaggio lungo ben 154 chilometri, il viaggio dell’unica linea ferroviaria della Malaysia orientale costruita ben cento anni fa dagli inglesi del British North Borneo Company. La linea, che passa nei pressi dell’aeroporto di Tanjung Aru, un tempo si spingeva fino alla vecchia Jesselton mentre oggi il capolinea è nella Kota Kinabalu. I treni passeggeri sono di due tipi: quello con elettromotrice, confortevole, veloce e usato dai turisti, e quello diesel, la locomotiva rossa e i vagoni un po’ sgangherati, lento come una grossa lumaca e usato dagli indigeni.



Quest'ultimo regala però un’aria familiare. I passeggeri, gente tranquilla e dai modi gentili, chiacchierano nel loro dialetto. Una ragazza dai bei occhi a mandorla, vestita di una tunica gialla, cullata dal ritmo della corsa, di tanto in tanto si appisola poggiando la testa sul vetro del finestrino per poi sussultare di colpo ad ogni cambiamento di velocità. Una gallina riesce a sgattaiolare fuori da un sacco di iuta e a correre come impazzita tra la gente divertita.

Il treno rallenta ad ogni piccola stazione o villaggio che incontra per prendere su la gente del posto e relative mercanzie. Basta fare un cenno al macchinista ed ecco che, ad ogni fermata, uomini e donne con al seguito bambini, animali e grosse ceste di vimini si accalcano per salire. Un’allegra comitiva, salita a Beaufort, salta giù dal treno prima ancora che si fermi. Sono tutti molto giovani e portano sulle spalle grandi sacche colorate da cui, appena a terra, estraggono caschi, gommoni arrotolati, pagaie e giubbotti di salvataggio.



Si dirigono, in fila indiana, verso una capanna di legno - la stazione - gestita da una donna grassa che pare non curarsi affatto del loro baldanzoso vociare. Dentro, su vecchi scaffali impolverati, cianfrusaglie ammassate confusamente si alternano a lattine di coca cola e sudici barattoli colmi di caramelle alla frutta. Appena più in là, una brandina, un fornellino a gas e delle pentole annerite dall'uso poggiate per terra. I ragazzi si dividono in piccoli gruppi e, dopo aver preparato l’attrezzatura, si dirigono entusiasti verso il fiume appena dietro le rotaie del treno, pronti a cavalcare rapide impetuose, zigzagando con l’aiuto delle pagaie tra gole spettacolari.

Un vecchio dalle spalle cascanti e lo sguardo bovino chiede al macchinista quanto tempo manca per Tenom. Si tratta di una piccola cittadina rurale, l’ultima raggiunta dalla linea ferroviaria, abitata dalla tribù dei Murut, un popolo cordiale che vive coltivando cacao e mais. Un tempo, i Murut occupavano un’area più vasta, ma gradualmente sono stati spinti verso sud da un’altra tribù Dayak, quella dei Kazadan, anch’essi agricoltori, oggi convertiti al cristianesimo e all’islam. Si stima che nel Borneo vivano più di duecento tribù di Dayak, termine che indica la popolazione non musulmana. Tenom ospita un grazioso e minuscolo mercatino dove le anziane del villaggio espongono su stuoie lavorate a mano, ordinate in fila, borse intrecciate, orecchini, collane ricavate da grossi semi e strumenti a fiato di bambù. continua "Un treno nella giungla del Borneo" (Pubblicato il 04 maggio 2004) - Letture Totali 168 volte - Torna indietro



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